venerdì 31 luglio 2015

Aiguille de Bionnassay (4052 m) - Cresta Sud

"...bisogna invece nutrire altri Interessi, molto più nobili e positivi, utili non solo a noi stessi ma anche agli altri uomini. Non rinunciare alla montagna. E perché? No. Ma andare in montagna per divertirsi, per cercare l'avventura e per stare in allegria assieme agli amici."
I Falliti (Gian Piero Motti - 1972)


Non è una cosa troppo saggia andarsene per monti da soli. Ma non ho trovato nessuno che mi raggiunga al di là del proibitivo traforo del Bianco. Per un scappata in giornata poi. C'è della smania da placare. Smania di far girare le gambe, di fatica, di riempirsi occhi e polmoni di roccia e ghiaccio e freddo e spazi. Chi è un po' che non va in montagna sa di cosa parlo.


Lasciare la casa silenziosa nelle prime ore della notte è un momento quasi magico. C'è una gran luna fuori, non una nuvola. Parcheggio a le Champel, all'imbocco del sentiero, controllo lo zaino, pesa, guardo l'orologio, 3:04. La frontale non dà segni di vita. Ora che è passata l'incazzatura per non averla controllata la sera prima, l'inconveniente si rivela qualcosa di molto positivo. Cammini nel bosco cupo, illuminato solo da quei pochi raggi che filtrano tra i rami. Ascolti i rumori, li temi anche un po'. Scruti le ombre cercando di interpretare la forma di quel che ti sta davanti. Dovresti farlo più spesso. Ma ti prenderebbero per matto.


Agli Chalet du Miage lo spettacolo della luna che illumina gli omonimi Dômes lascia senza fiato. 1500 metri di parete, lì sopra. Allo stesso tempo ti schiaccia e ti proietta verso il cielo. Di qui, il sentiero prende quota fino al refuge Plan Glacier; tutti dormono ancora. Albeggia. Finalmente. Perchè nonostante la luna ho rischiato di perdere il sentiero almeno due volte. Ci sono ora da superare due costole dell'Aiguille du Tricot per portarsi sul Miage francese, finalmente le mani toccano la tanto agognata roccia. Via le scarpe basse, metti gli scarponi. I ramponi fanno i loro rassicurante cric-crac sul ghiaccio duro. Attraversato il ghiacciaio ci sono ancora 500 metri fino al Durier. "Terrain a Chamois" dice una delle tante descrizioni lette. "Un porcaio", traduco nella mia testa mentre salgo. Rende meglio l'idea.

Al rifugio mi concedo una mezzoretta seduto con le gambe sotto ad un tavolo, con davanti una tazza di the caldo. Dove vai? Chiede la rifugista. Ci intendiamo in un misto di inglese, francese e italiano. Non so. Volevo arrivare fin qui, ma è prestissimo, magari vado più in su. Son partite 3 cordate per la cima 2 ore fa, vedrai che le raggiungi. 

Riparto motivato e al saltino di roccia raggiungo 4 ragazzi del soccorso alpino croato. Ah, siete voi quelli del furgone parcheggiato giù! Proseguiamo insieme, fino alla cima. 7 ore dalla partenza. Wow. Neanche nel più ottimistico dei miei calcoli. Foto insieme, lascio la mia mail perchè come al solito sono io quello senza macchina. Condizioni perfette: sole, non una nuvola, né una bava d'aria. La cresta est si allunga invitante verso il Piton des Italiens, ma sarebbe davvero troppo.

Scendo con calma, mi prendo il tempo di fermarmi ad ogni rifugio a prendere qualcosa da bere e fare due chiacchiere. Non solo perchè sono disidratato. Mi piace l'idea di contribuire allo sforzo di chi tiene aperti questi posti, sicuramente più per passione che per un ritorno economico. 

Macchina, 12 ore dalla partenza.


I Dômes de Miage fotografati dal mio potente cellulare, sulla via del ritorno.

Tiri sempre un po' le somme alla fine di una gita e dopo una giornata così intensa son tanti i pensieri che si accavallano guidando verso casa.

La cosa più bella non è la vetta di 4000 metri, né la soddisfazione per aver bruciato i tempi previsti, né l'aver soddisfatto la propria vanità con 3000 metri di dislivello in giornata, facendoti sentire ragazzo all'alba dei 30 anni. E' la passeggiata nel bosco a bassa quota, senza pila, con la luna che filtra tra i rami, fino a veder spuntare i Dômes illuminati. 
Sognare, studiare e progettare l'avventura è parte insostituibile dell'avventura stessa. Guardi la cartina, le foto, cerchi di calcolare i tempi, pensi al materiale, gusti l'attesa. E' quasi più bello della gita in sé. 
E' quasi un peccato salire un bel monte. Al ritorno mi porto sempre indietro un po' di vuoto: là fuori, ora, c'è una bella cima in meno da guardare con occhi curiosi, sognare, desiderare, scoprire. 
Bello andar da soli ogni tanto. Ma condividere l'avventura con dei compagni è di gran lunga più bello. Non solo per il durante. Ma anche perché potrai poi ricordare insieme i bei momenti, e saranno altri bei momenti. "Happiness is only real when shared". Beh, mi sembra molto vero.

La ghiaia scricchiola sotto le ruote nel vialetto di casa. Come'è andata? Bene bene, proprio una bella gita.


Pietro.


Foto di vetta con Boris

La vetta vista dalla via di salita

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