domenica 18 agosto 2019

Aiguille de Bionnassay, per l'Arete de Tricot integrale

Presenti: Pietro, Luca.

La vita alpinistica di un papà, recente o meno che sia, presenta numerosi ostacoli da superare, in primis il trovare una finestra di tempo sufficiente per andare in montagna. La soluzione si nasconde in partenze decisamente antelucane e improbabili accorpamenti di itinerari. Quale compagno migliore di Pietro, esperto di fughe solitarie e sforzi fisici ingiustificati, per questo tipo di avventura.

Appuntamento alle 3.30 al Col Tricot. Io parto da Les Houches e Pietro da Le Champel, sul versante opposto del colle, entrambi a piedi, carichi di entusiasmo e masochismo.
Alle 2.45 siamo già entrambi al colle, un po di riposo, due barrette e si riparte. 
Il dislivello cumulato nelle gambe ha già superato i 1000 metri, altri 2000 per la vetta.

Si parte verso la Pointe Inferierure de Tricot, “sentier de chevres” citando la relazione. Un montefasce di dislivello circa.
Nessuna particolare difficoltà tecnica fino alla Pointe Mediane, solo un lungo saliscendi per cresta comoda e mai troppo esposta.
Solo dopo, in direzione della Pointe Superieure, la cresta si assottiglia e il superamento di qualche isolato gendarme, esposto e su roccia instabile, richiede della concentrazione extra. La fatica, almeno per me che sono arrivato direttamente da Genova alla mattina, inizia a farsi sentire. Pietro è inarrestabile, come al solito.

Fino all’Aiguille de Tricot le difficoltà sono contenute, prevalentemente facile “scrambling” su rocce rotte. Finalmente arriviamo in vista dell’ Aiguille de Bionnassay. Ultimi 3/400 metri di dislivello. Inizia la neve che dopo poco si indurisce e si fa più ripida. Un paio di tiri su ghiaccio danno un senso a picca e ramponi che sono rimasti nello zaino fino a poco prima. 
Pietro sembra appena partito, io sto strisciando, ma finalmente siamo in vetta. 
Un panorama incredibile su tutto il massiccio del Bianco, con una meteo perfetta che ci ha accompagnato per tutta la salita, 3200 metri di dislivello cumulato. 

La discesa richiede ancora un po di attenzione. Un po' di disarrampicata, qualche doppia inventata, visto che abbiamo solo 30 metri di corda, ancora sfasciumi e finalmente arriviamo al rifugio Durier, arroccato sul Col de Miage, spartiacque dell’omonimo ghiacciaio. 
Le difficoltà sono finite, ma la discesa è ancora eterna. I 3000 metri abbondanti di salita e i primi mille di discesa picchiano sulle gambe. Un limonata energizzante (e decisamente cara, soprattutto per un genovese) al Refuge Plan Glacier e si riparte per l’ultimo lungo e faticoso tratto di discesa, fino a Le Champel. 

Un viaggio incredibile, durato poco più di 17 ore, in una zona remota del massiccio del Bianco (non abbiamo incontrato nessuno ne a salire, ne a scendere, fino al rifugio Plan Glacier), per un itinerario poco ripetuto e che in condizioni normali viene affrontato con un bivacco sulla cresta. Grazie a Pietro che con il suo inesauribile motore mi ha tirato fino in vetta. 

Ora le vacanze sono meritate davvero.


Prima parte della Cresta, dopo la Pointe Inferieure

La cresta si Assottiglia

Prime luci sul Massiccio

  Il tratto di Cresta appena percorso

Sali, scendi, sali, scendi

Viste maestose dalla Cresta

Finalmente Vetta!

 Pietro e il Bianco

Luca e la Valle

 In discesa verso il Dourier

  Una delle poche pause.. finiamo il cioccolato e si riparte..


Infinita discesa verso il ghiacciaio del Miage francese.. si attraversa e si scende ancora..